martedì 31 dicembre 2013

Il gioco degli eventi da salvare


Ogni fine anno, da quando ero bambina, sono solita fare il "gioco degli eventi da salvare dell'anno trascorso". La fine del 2013 mi trova più vecchia ma spero anche più saggia e ho capito che nella vita non si deve scartare niente, ma conservare tutto, perché ogni evento ha qualcosa da insegnare o comunque conduce verso nuovi sentieri che non si sarebbero percorsi se quel fatto non fosse accaduto. 
Il 2013 per me è stato l'anno del cambiamento: ho perso un lavoro, che tra l'altro detestavo, e mi sono trovata dentro una pagina bianca da riempire. La vita è così: a volte sembra che gli avvenimenti accadano senza un motivo solo per scombussolarti l'esistenza, ma poi capisci che tutto combacia e trova un senso, e che probabilmente c'è un ordine superiore che governa ogni cosa . 
Così  mentre perdevo il lavoro mio padre si è ammalato e mi sono trovata violentemente scaraventata dentro il mio passato, i miei rancori che credevo sopiti e le mie aspettative che immaginavo seppellite. Mentre il risentimento espandeva le sue fiamme mio padre diventava più fragile e il suo sguardo oggi assomiglia a quello di un bambino disorientato. Così destandolo lo amavo e allontanandomi mi avvicinavo chiedendo a Dio perché me lo desse così solo ora, come un bimbo sperduto; per poi capire, con la pace nel cuore, che in tutto questo c'è la cura per entrambi e per quel legame ferito da distrazioni, interessi vacui che oggi non hanno più alcuna importanza.
Senza lavoro ho scoperto la forza dell'amore. L'amore del mio compagno, roccia della mia vita, fonte inesauribile della mia pace interiore, energia della mia esistenza, motore del mio cuore. Lui è lì sempre e non cede di un passo, pronto ad amarmi, a riempire la mia vita di allegria e speranza e darmi mille ragioni per combattere senza cedere.
Ho ritrovato il mio ruolo di zia con i miei amati nipoti cui posso dedicare più tempo, il bene più prezioso. Ho potuto entrare nel loro quotidiano e guardarli nei loro occhi sognanti di bambini e adolescenti godendo di quella loro luce incantata che sembra polvere di stelle.
Senza lavoro la passione della corsa si è affacciata prepotente nella mia vita e mi ha fatto un regalo inaspettato: degli amici, e che amici! Persone meravigliose che mi hanno accolta, presa per mano credendo in me, portandomi a raggiungere chilometro dopo chilometro nuovi traguardi, a superare limiti che mai avrei creduto di raggiungere e offrendomi oggi nuovi obiettivi che non pensavo di poter fare miei.
Senza lavoro mi sono aggrappata agli insegnamenti delle arti marziali, dove non eccello, ma che rispetto e amo e che spero di poter onorare sempre con l'impegno e l'allenamento, nonostante tutti i miei limiti.
Quando ho perso il lavoro ho ritrovato la scrittura, una via di fuga dentro me stessa e l'amore per i libri e la conoscenza.
Il 2013 in definitiva è stato un anno ricco di insegnamenti. Ho pianto un po', ma ho avuto grandi emozioni, ho conosciuto persone interessanti, stimolanti e ricche interiormente dalle quali ho imparato. Alcune sono state transitorie ma importanti, altre fanno parte del mio cammino, tutte sono dentro il mio cuore.
Buon 2014!

domenica 8 dicembre 2013

La nebbia



C'era un tunnel bianco fatto di nebbia vaporosa, come cotone sfilato. Da questa galleria immacolata s'intravedevano sfocati i colori dei palazzi, delle insegne, degli alberi. Le gambe ritmavano il loro passo mangiando la strada e un nuovo turbine freddo le avvolgeva immergendo il corpo in un'atmosfera irreale. Perfino i suoni sembravano ovattati. Raramente, come in un sogno, penetrava nella galleria un corridore, con lunghi cappelli buffi da folletto, avvolti in tute attillate con inserti fluorescenti. Non sorridevano. Persi nelle nelle fitte foschie dei loro pensieri, non distoglievano lo sguardo dal nulla che li circondava. Un incrocio di passi e poi di nuovo la solitudine della corsa.
L'aria gelida si posava umida sulle spalle. I capelli e le ciglia si rivestivano di gocce argentate. 
Il muro bianco non si apriva, ostinato e compatto fungeva da confine con resto del mondo. 
Immagini senza significato scorrevano nella mente come nuvole veloci nel cielo.
Stato di trance, passo ritmato.
Chilometri e chilometri umidi, gelidi e solitari, silenziosi.
Il mio corpo caldo e palpitante in movimento fendeva l'aria dell'inverno, nel freddo, alla scoperta di una nuova dimensione di sé, cercando sollievo in un raggio di sole appannato dalla coltre vaporosa. Passo dopo passo, fino a ritrovare conforto nelle voci della festa, nel brusio di un mercato, nei profumi delle frittelle e nella folla che spezza l'incantesimo della lanugine nebbiosa.
Infine la strada verso casa. Calore e riposo.

martedì 26 novembre 2013

Le ragioni della corsa

Qualche settimana fa mi chiedevo cosa mi spingesse a correre con così tanta costanza e impegno, nonostante la fatica, lo sforzo e un persistente dolore muscolare che non accenna a diminuire. Lo sapevo bene quale fosse il motivo, ma oggi, dopo l'ennesima delusione, la ragione si para più evidente che mai nella mia mente: è perché appartengo alla schiera di coloro che la crisi ha privato di un lavoro e la situazione sembra aver raggiunto un pauroso momento di stallo. Ogni giorno animata da speranze accendo il mio pc e rispondo a tutti gli annunci che hanno attinenza col mio profilo, e anche a quelli che di attinenza ne hanno meno. Cerco le offerte, le aziende, cerco un riflesso di me stessa tra le competenze richieste in tutti gli annunci finti e veri che vengono pubblicati. Questo lavoro quotidiano sembra appartenere ad un girone infernale, perché non si può fare a meno di svolgerlo, bisogna pur scovare questo lavoro da qualche parte, senza averne tuttavia alcun riscontro utile, solo delusioni. Allora ho abbracciato la corsa per attribuirmi da sola un valore, dato che la disoccupazione fa sentire molto deprezzati: essere uno dei milioni di individui che cerca un posto nel mondo sgomenta e avvilisce. Cerco con le mie scarpette fucsia traguardi certi e gratificanti che dipendono solo e soltanto da me, senza la concessione di nessun altro. E' una piccola via di fuga che mi accompagna in questo percorso a volte psicologicamente faticoso, in cui è difficile in alcuni giorni non perdere la stima di sé e l'ottimismo. A volte capisco come ci si deve sentire al fatidico muro del maratoneta, quando il corpo è in sofferenza e si ha voglia di fermarsi e rinunciare. 
Ma non si deve. 
Bisogna spingere le gambe un passo dopo l'altro verso il traguardo.
Spero che la filosofia della corsa mi aiuti sempre a superare i muri che ostacolano i traguardi della vita.

mercoledì 20 novembre 2013

Quando vuoi volare, senza ali


Sembra un obiettivo impossibile, se mi guardo così con questi occhi offuscati dai dubbi e dalle incertezze. Un traguardo lontano, così distante da non visualizzarlo. E' più facile immaginarsi anonima nella folla, tra chi guarda e applaude, che non tra coloro che superano l'arrivo con orgoglio.
Eppure, anche se dovessi valicare quel confine temo che mi sentirei comunque infelice. Tronfia di un obiettivo che è solo mio. Tuttavia imparare ad amarsi significa anche gioire di sé. Allora il sogno cambia i contorni e sono sola con il mio ostinato traguardo. Una piccola sfida contro le paure, le insicurezze e tutti gli ostacoli della mente che frenano prima ancora della stanchezza.
E inseguendo quella che oggi per me è solo una chimera corro, sull'asfalto grigio, nella campagna triste e desolata, costeggiando un canale che trasuda nebbia, nella pioggia pungente che raffredda la pelle, nel vento che spinge nella direzione opposta alla mia, lungo la scia di un timido raggio di luce che sguscia tra le dense nubi. Corro, sola o in compagnia, triste o malinconica, allegra o pensierosa. Aspetto che le ali spuntino prima o poi e che mi conducano al centro dei miei obiettivi, alti, luminosi, belli, miei. E con vigore cerco la falcata più ampia, la distanza che non ho ancora raggiunto, la fatica che mi appaga col risultato. E quando il corpo risponde con energia, quando non c'è freno, ma solo un battito ritmico delle scarpe sulla strada dritta davanti a me, allora mi sento felice, la speranza rifiorisce, mi sembra quasi di poterlo accarezzare quel sogno dorato, anche se non mi appartiene.

I desideri sembrano più facili da raggiungere con i piedi che con le ali e forse presto accorcerò la distanza e li potrò afferrare.

lunedì 4 novembre 2013

Sogni di gloria

Ho un obiettivo arduo: partecipare ad una maratona il prossimo mese di marzo. Visualizzo spesso me stessa mentre corro durante la gara e sono piuttosto condiscendente con i miei sogni. Permetto alle fantasticherie di offrire un'immagine di me molto lusinghiera: così mi vedo in gara decisa, concentrata, forte, con una muscolatura elastica e resistente che mi garantisce un passo sicuro e felpato. Mi vedo macinare i chilometri come se le gambe fossero un pullman panoramico su cui mi lascio beatamente trasportare. Immagino una fatica che si fa modestamente percepire per lasciare spazio all'emozione dell'essere presente ad una manifestazione importante. 
Mi vedo percorrere l'ultimo chilometro esuberante, piena di orgoglio, sotto un cielo turchese punteggiato di coriandoli e di palloncini colorati, attorniata dalla la gente che dietro le transenne incita con calore a percorrere gli ultimi metri. 
Quindi nella mia immaginazione raggiungo la meta con un ultimo scatto brillante, come lo saranno i miei occhi lucidi di emozione quando avrò portato a termine la mia prima maratona.
Ecco questo è il mio sogno ad occhi aperti, fino a quando non calzo le mie scarpette fucsia e inizio gli allenamenti, che non hanno mai nulla di poetico e glorioso. E mentre sbuffo, il mio fiato è breve quanto una virgola e i muscoli delle gambe sono duri e testardamente rigidi, vedo il mio sogno disintegrarsi miserevolmente tra una ripetuta e l'altra. In quei momenti mi domando quanto dovrò allenarmi ancora per raggiunger, senza strisciare, il traguardo!
Così l'obiettivo maratona è al confine tra l'esaltazione e il precipizio della dura realtà, ma pur sempre saldo.

mercoledì 30 ottobre 2013

Silenzio



I clacson, i passi, le urla, il chiacchiericcio, stremano il silenzio, lo avviliscono e lui svanisce e non lo si rammenta più. Accade poi di ritrovarlo in un luogo nascosto, inaspettato, in una nicchia, dove giace la solitudine. Il silenzio è divenuto un estraneo dagli occhi penetranti con cui non si è a proprio agio. Io però lo tengo stretto, quando lo incontro mentre corro, e cerco di ascoltare il suo suono muto che mette soggezione. E così per udire meglio la sua voce vuota i miei piedi battono il terreno con maggiore leggerezza e il respiro si fa più fluido e leggero. La concentrazione riposa sulle mie spalle, non più contratte, e io mi muovo agile come dentro una bolla che rimbalza nell'asfalto. 
I chilometri si inseguono e si moltiplicano, il silenzio continua a parlare, fino a che lo ammutolisce il rombo di un motore, poi  di una voce vicina e di una lontana, un'altra e un'altra ancora. 
I rumori e le luci della città ripopolano i miei sensi. 
Corro ancora, ma il silenzio ha cambiato strada, i miei piedi calpestano l'asfalto, ma il loro rumore io non lo sento più.

sabato 26 ottobre 2013

Paura



Io non voglio la paura.
La paura interrompe il tempo e lo risucchia dentro di sé. La paura ti sospende in una bolla con poco ossigeno e ogni flebile respiro è bloccato nella gola. I movimenti diventano lenti per timore che ogni gesto sia una provocazione scatenante eventi concatenati che non hai il potere di arrestare. La paura è la paura di un domino in cui tutte le carte cadono inesorabilmente e l'ultima sei tu.
Io non voglio la paura. 
La paura è l'incubo che si posa come un velo scuro sugli occhi e chiude i sensi alla vita. La vita è tappata, soffocata e giace rassegnata in attesa che quella nera tempesta si plachi e il sereno torni a rallegrare la mente.
Io voglio il sereno, il cielo terso, le nuvole bianche. Desidero il coraggio e la temerarietà, la speranza e il potere intrepido dell'animo che con una spada affilata di volontà annienta i meschini disagi della mente.
Io non voglio la paura e vorrei correre via da lei e ad ogni passo lasciare dietro di me le nere tempeste che minacciano il mio limpido cielo.  

sabato 19 ottobre 2013

Il nastro dei pensieri



Sai, puoi correre per chilometri e chilometri, cercare panorami diversi, campagne colorate, vitigni ricchi di uva da cogliere, laghi, cieli tersi o tempestosi, puoi rifugiarti nel silenzio di un bosco o farti accarezzare dal vento dell'autunno nascosto da campi di alto granoturco, ma i tuoi pensieri corrono alla stessa velocità e non si lasciano superare.
Si accovacciano tra lembi di nuvole e trasmettono davanti la tua strada un filmato ripetitivo, ossessivo e se cambi tragitto, o direzione, quelle immagini continuano a scorrerti davanti gli occhi.

I pensieri sono potenti, hanno una carica elettrica, si montano come la panna e ciò che frulla è dentro di te: sono i tuoi ricordi, i timori per ciò che sarà e di ciò che non potrà essere, di quello che è perso e di quello che è da prendere.
I pensieri sono la nostalgia per le stelle che oggi brillano ma non esistono più, il desiderio di rocce su cime alte che toccano il cielo più puro, ma pericolose da scalare.
I pensieri sono l'argento ed il piombo.

Il film inizia e non ha mai fine, è un nastro che si srotola con l'aiuto del vento e la complicità delle nuvole. Non è correndo più forte che potrai sottrarti a quel montaggio infinito, ma dimenticando te stesso. 
Perdendoti nella terra che stai percorrendo, negli aironi che si librano con la leggerezza di angeli bianchi, negli alberi che si spogliano nudi per accogliere la brina dell'inverno, nel sole che squarcia la notte. 

Il nastro può scorrere ma tu guarda altrove con gli occhi prestati dalla vita che ti circonda e ti attraversa, supera i pensieri e vinci la tua gara.

martedì 15 ottobre 2013

La sintonia del ritmo

Un problema per chi corre in compagnia è la sincronizzazione del ritmo.
Riuscire a coordinare il proprio passo con quello del compagno di corsa non è cosa di poco conto. Non parliamo infatti di Giano, un dio con due teste, due bocche che respirano e un corpo unico, ma di due persone distinte, con due motori cardiaci che pompano alla propria maniera, muscoli, scheletri con la propria storia e diversa capacità di assorbire urti e rimbalzi.
Può capitare che uno dei due nella fase iniziale dell'allenamento sia già pronto per una marcia brillante. Lo si capisce subito dal viso rilassato, il sorriso aperto, la schiena eretta, il passo elastico e leggero, i muscoli dei polpacci guizzanti che scalpitano per essere messi alla prova.
Al contrario il compagno potrebbe avere bisogno di più tempo per scaldarsi.
La sua andatura è tutt'altro che fluida, i muscoli sono ancora rigidi e caparbiamente ritratti e il fiato non parliamone! Non solo non si spezza, ma potrebbe diventare asmatico per tutta la durata dell'allenamento!
Inizia così il primo quarto d'ora di corsa durante la quale uno dei due compagni cerca di mantenere il proprio ritmo brillante, e l'altro si sforza coraggiosamente di stargli dietro.
Dopodiché, macinati diversi chilometri, finalmente il corridore che al principio era rigido come un manico di scopa sente il respiro regolarizzarsi, i muscoli sciogliersi e la tensione lasciare spazio ad una quasi piacevole sensazione di libertà. 
Osa addirittura aumentare il passo e sente che le gambe lo assecondano. 
E' felice, la strada è inghiottita dai piedi che ritmici battono l'asfalto senza costrizione alcuna. Ma ecco che il compagno lo richiama all'ordine, ora è lui ad essere provato, ha perso lo smalto. L'energia iniziale è scemata e il suo corpo chiede di rallentare, di recuperare e così il ritmo di entrambi diventa più pacato.
La corsa prosegue con questo alternarsi di stati di sprint e stanchezza che non combaciano quasi mai per i due amici.
Terminato il percorso sono entrambi esausti, ma soddisfatti, l'allenamento è concluso e sono vivi.
Basta questo per darsi appuntamento per la prossima uscita che sarà ancora alla ricerca della sintonia di un ritmo che prima o poi si spera di raggiungere....per il bene di entrambi.

L'ultima danza

A volte succede, per pochi sacri istanti, di commuoversi percependo la vita intorno a sé. Avvertire la sensazione pura, limpida, chiara, di essere parte dell'universo infinitamente piccolo e grande. Guardare distrattamente le foglie d'autunno e, involontariamente, cogliere lo splendore delle loro anime bronzee e gialle che prendono lentamente il volo, danzano dolcemente nell'aria al ritmo di una lieve melodia sospirata dal vento, e poi si abbandonano delicatamente nella terra come piccole fiamme appassionate che cedono alla gravità. E nella gentilezza di quella pioggia di colori dorati che lentamente ammanta il suolo sentire profondamente la bellezza dell'esistenza.

mercoledì 9 ottobre 2013

Dipinto d'autunno

Ho corso dentro un dipinto. 
Il cielo predominante era immenso, basso, incombente, tinteggiato di rosa, viola, blu. Magre strisce di nuvole grigie si distendevano come lunghi tentacoli all'orizzonte, e una falce di luna argentata faceva il suo ingresso insieme alle prime tremolanti stelle. I campi gialli, risplendenti all'ultima luce del giorno, lentamente si ritraevano come soggetti alla magia di un incantesimo. Gli alberi, divenuti ritratti ombrosi, erano figure scure che si stagliavano contro una volta spettacolare. L'aria umida e fresca penetrava nella pelle, nelle narici, con i suoi odori di campagna. Le cornacchie disinvolte planavano dai rami ai campi, silenziose e nere. Lontano le luci confortanti, provenienti dalle finestre delle basse case, si accendevano come speranze nella notte, che lentamente faceva capolino. 
Ho corso dentro un dipinto di un tramonto d'autunno.

sabato 5 ottobre 2013

Vinci l'inerzia

In questi giorni ho riflettuto sul concetto d'inerzia. Ho pensato a quante volte sia difficile scostarsi dal torpore, dall'immobilità, come se si fosse prigionieri di un incantesimo che impedisce alla mente e al corpo di agire, di far fluire l'energia.
Ci si crede cristallizzati in uno stadio di impossibilità del fare, intorpiditi da una sorta di apatia, ma è solo un'illusione dell'essere statici. In realtà corpo e mente sono pronti per mettersi in moto. Basta fornire loro l'opportunità di farlo.
La parte più difficile è infatti iniziare, traslare il proprio stato da immobile ad attivo. Per superare questo ostacolo spesso è necessario un piccolo atto di coraggio e fiducia: un piccolo passo, un altro ancora, un movimento leggero ma costante per sentire circolare la vita in modo più dirompente dentro di sé.
Quando inizio a correre temo sempre la fatica. In ogni uscita i primi minuti sono quelli che detesto maggiormente. Il mio pensiero è sempre lo stesso:oggi non sono in forma, non ce la farò. Poi i passi si susseguono, aumenta il fiato e aumenta il ritmo, i muscoli si scaldano e capisco che con il movimento il corpo ha vinto l'inerzia ed è divenuto un corpo lanciato in avanti. Certo si avverte la fatica dell'azione, ma non occorre compiere lo stesso sforzo sopportato all'inizio. Ormai il fuoco è bello scoppiettante, non si è più nella fase di accensione.
Così, riflettevo, sono tutte le azioni che dobbiamo compiere per noi stessi. Si dovrebbe sempre iniziare e poi rimanere in costante movimento, non permettere mai alla fiamma di spegnersi e vincere una volta per tutte l'inerzia.
Movimento genera movimento. Movimento genera energia e l'energia è vita.

martedì 1 ottobre 2013

La filosofia in una metafora

Quante volte si usano delle metafore sulla vita per comprenderne il senso? E quante volte si paragona il vissuto quotidiano con un'attività sportiva? Uno scrittore, Haruki Murakami, lo ha fatto nel suo libro l'arte di correre, esprimendo una serie di riflessioni che potrebbero essere interessanti non solo ai praticanti della corsa, ma ai corridori della vita.
Murakami sostiene che se non fosse stato un runner, probabilmente non sarebbe stato nemmeno un buon scrittore. Lui ritiene di essere stato influenzato nella sua carriera dalla disciplina che si è auto-imposto negli allenamenti sportivi. La costanza, la concentrazione e la perseveranza sono le doti che un buon runner deve possedere se intende raggiungere dei traguardi. Ma le stesse caratteristiche devono appartenere altresì ad uno scrittore, e si potrebbe aggiungere, a chiunque insegua uno scopo.
Non basta un fisico idoneo alla corsa per arrivare fino in fondo ad una maratona, né è sufficiente un talento per realizzare un progetto di buon livello. In entrambi i casi occorre una buona dose di allenamento, fatica e sofferenza.
Correre per ottenere dei risultati richiede perseveranza, la quale comporta la ripetitività dell'allenamento affinché divenga un'abitudine e l'abitudine permette alla mente di gestire i momenti di crisi, dato che la corsa è fatica.
Lo è sempre: all'inizio quando si costruiscono le condizioni fisiche, lo è dopo dopo quando cambiano le ambizioni. Il fiato è sempre troppo corto e le gambe fanno sempre male.

La buona notizia in tutto questo è che se si arriva ad accettare la fatica e a non temerla, se si alimenta la propria concentrazione verso l'obiettivo, se si lavora su se stessi nella consapevolezza dei propri limiti, si raggiungono dei risultati inaspettati. Ciò non significa diventare il corridore più veloce del mondo o il professionista migliore dell'anno, ma acquistare delle doti che rinforzano il carattere e lo spirito. Forse i muscoli non diventeranno mai di acciaio ma la propria forza di volontà può aspirare ad esserlo.  

venerdì 27 settembre 2013

Le ragioni della stanchezza

E poi arriva la stanchezza. Sì, quella che mostra l'aspetto sgradevole della situazione, che elenca minuziosamente tutti gli ostacoli, le difficoltà, gli svantaggi, addirittura i pericoli. Si è tentati di darle ascolto, posticipare, rallentare o peggio rinunciare. Sì, perché diciamolo, che senso ha andare avanti in questa ridicola competizione con se stessi? Calarsi ripetutamente in una condizione di affanno, di muscoli in tensione, con l'ansia di non farcela. Cercare gli stratagemmi mentali per dimenticare lo sforzo. Ripetersi come un mantra di controllare il respiro, di non allentare il ritmo, di non cedere fino a destinazione. Amare la parola stop. Ha senso? E poi che ragione ha quell'insensata felicità, quel ripercorrere come un sogno momenti di pura fatica con l'assurdo desiderio di riviverli al più presto, dicendo a se stessi "la prossima volta farò di più?" Non c'è una risposta, se non un po' di follia, ma quando arriva la stanchezza, sopraggiunge anche il giusto riposo che pone fine ad ogni questione.

mercoledì 25 settembre 2013

Avanzare

Avanzare, ignorare quello che è stato e non è più, mettere da parte ricordi ormai soffusi, dubbi irrisolti, punti di domanda nell'aria, in attesa di divenire certezze. Cercare nella fatica una sostituzione, una sorta di baratto, per dipanare i pensieri tenaci che rimbalzano continuamente, per non essere ignorati. Sospendersi in una dimensione temporanea per staccarsi da quello che fu, che ancora incombe, e affrontare il presente che richiede attenzione e cura. E quindi, trovare i limiti certi nel proprio corpo, saggiandone le possibilità, per sentirne il vigore e la debolezza, la concreta sofferenza, la sensibile percezione dei sensi. Ancorare con decisione se stessi all'oggi, all'ora, al singolo attuale secondo che si sta vivendo. Avanzare.

sabato 21 settembre 2013

Intimo autunno

Una folata di vento e via, la veste dell'estate raggiunge l'orizzonte, i suoi lembi volteggiano tra sprazzi di turchese e lentamente scemano. I campi gialli sorridono all'autunno, il sole tiepido scalda il viso con una carezza densa di tenerezza, mentre gli alberi scuotono dolcemente le fronde sbiadite di verde. Dolce autunno, promessa di tinte infuocate, di cieli bassi e turchesi, di malinconici tramonti, di piogge silenziose e nebbie rade. Stagione intima di ricordi color pastello, di poesie scritte e gettate, di abbracci appassionati, di canzoni che imbrogliano il presente, di vino novello e castagne, di occhi lucenti da guardare e un focolare che scalda dentro il cuore.  

lunedì 16 settembre 2013

La meta

Corri, corri, inspira ed espira. Lentamente. Senti l'ossigeno percorrerti l'anima. Corri e non far caso all'affanno. Corri, la meta è lontana! Corri, corri, è faticoso, il corpo è pesante, i polpacci sono dolenti, ma senti il cuore? E' meno gonfio. Corri, corri dai! Spingi avanti le gambe, il fiato è corto, vuoi fermarti, ma vai avanti, vai, accelera! Senti l'aria sul viso, fa un po' freddo ma il corpo è caldo. Corri, vai! Il terreno è subdolo, l'erba nasconde insidie, ma tu corri. Vai, vai non fermarti! La strada è lunga e solo la contrazione dei tuoi muscoli può colmare la distanza. Corri, vai, non rallentare, respira, stringi i pugni e vai. Quella è la tua meta, non voltarle le spalle. Vai, coraggio, non temere la fatica. Oggi ti porterà lontano. Corri, il respiro ora è ritmico, le gambe si sciolgono, aumenta il passo, riduci la distanza, scatta! Sei al traguardo. Inspira ed espira, guarda la destinazione, sei tenace, ce l'hai fatta.

mercoledì 11 settembre 2013

Movimento

Treno. Movimento nello spazio e nel tempo. Velocità. Io sono ferma ma mi sposto. Sono seduta. Gli alberi sfuggono con le case, le colline, i panni stesi, le altalene, i negozi. La strada corre. Sono in un non luogo, in una dimensione del pensiero che si lega alle immagini sfocate che si susseguono nel viaggio. Attesa.
Corro. Progressione, accelerazione, affanno, sforzo. E' il mio corpo che si muove e io mi sposto. Io sono il mio corpo. La strada corre con me. Sono in un luogo che mi assimila mentre lo raggiungo, divento paesaggio. Piedi e terra, polmoni e ossigeno. Io sono il movimento.  

martedì 10 settembre 2013

Il grigio

Il dolore è il grigio dell'arcobaleno, sembra un cielo d'inverno che non si tinge mai di azzurro e che non si ha voglia di guardare, ignorato come la malinconica matita scartata dal bambino nel suo astuccio di scuola. Il dolore si combina a volte col rosa e involontariamente per qualche istante si ride di sollievo e la lacrima d'argento che pende sulle ciglia brilla diventando una stella che vola in alto superando le coltri delle nubi e sfuggendo agli sguardi. Ma forse non tutti sanno che si può salire su una lunga scala e una volta in cima spingere via le nuvole e tuffare la testa nel turchese dell'atmosfera. Si può prendere tanto fiato scendere ancora e ricordare a tutti quanto azzurro è nascosto dietro quelle gelide nubi e di tenerlo a mente quando del grigio non se ne può davvero più. E se in una giornata tinta bianco e nero le nuvole sono tanto dense e metalliche e lo spirito si china sconsolato e non ce la fa a raggiungere il ceruleo allora si possono indossare delle scarpette fatate che conducono dove i colori scorrono vivaci su piste d'arcobaleno. E i piedi sono così veloci che tutto intorno si tinge di tutte le gradazioni dell'universo e sembra di fluttuare tra petali sgargianti. E così il grigio farà meno dispiacere perché è amico di tutti i colori del mondo che compongono la nostra pista incantata e quando lo si incontrerà nuovamente si ricorderanno tutte le sfumature a cui era accompagnato.  

sabato 7 settembre 2013

Il tramonto

Al tramonto il sole si abbandona sciogliendo il suo oro nella culla delle montagne, la sua luce divampa e negli ultimi istanti indimenticabili del giorno illumina di rosso le rocce che acquistano regale fulgore. L'ombra delle cime si allunga nella valli e lentamente il cielo lascia intravedere la sera. Che struggente malinconia, quasi un dolore che rallenta il respiro. Il cuore del sole, così fulgido, non cessa di espandere luce fino all'ultimo istante, fino a che la notte lo rapisce. Vorrei essere vicino al giaciglio del sole, là dove il cielo esplode nelle sue sfumature di oro, rosso e viola e sentire se i bordi delle creste che lo accolgono acquistano in quei magnifici istanti la sua stessa sostanza. Vorrei avvicinarmi e accompagnare quello struggente abbandono e vedere se ogni raggio si liquefà in un lago dorato nascosto tra le rupi. Essere quindi lì accucciata nelle rive del sole addormentato e vegliare il suo sonno nella notte rischiarata dalla luce fredda delle stelle.

mercoledì 4 settembre 2013

Il premio più bello

Un tempo la corsa era un fatto solitario, una faccenda da sbrigare tra me, le mie gambe e i miei ingarbugliati pensieri. Oggi non è più così. Mentre negli ultimi mesi costruivo i muscoli, allenavo il cuore e consumavo litri di ossigeno per affrontare la mie “prime imprese chilometriche” ho ricevuto il premio più bello: la riscoperta dell'amicizia nell'aspetto più lieto, lieve e spensierato. Negli allenamenti, nelle risate rubate al fiato corto, nella ricerca del respiro che non si spezza, nella contemplazione di paesaggi che si spalancano di fronte i propri passi, nella voglia di correre insieme, nella solidarietà. L'anima diventa un soffio di vento quando si è con chi si sta bene, quando un sorriso si fa strada inconsapevolmente sul viso, quando c'è stima e gentilezza, quando c'è gioia. Forse è temporanea, dura un giorno, una stagione, forse è solo lo spirito di un bimbo giocoso che ci incanta per un po', ma quando è presente è una festa a cui non vorresti mancare.

venerdì 30 agosto 2013

La corsa è un luogo

Un tempo la corsa è stato un luogo dove il mio spirito poteva liberamente fluire. Quando cercavo uno spazio in una monotonia che non volevo mia, quando non desideravo che l'ultimo ricordo del giorno fosse legato all'abbattimento della mente in cui ero bloccata. Così indossavo le mie scarpe da corsa e via! Cercando l'ora più bella del mio giorno. Immaginando, mentre correvo nel verde, che chi passeggiava o tranquillamente sedeva sulle panchine di pietra fosse sereno e intimamente sorridente, tutti beatamente illuminati dalla luce più carezzevole del tramonto. Ognuno custode di un'anima gentile e generosa. E poi poco importava chi fossero o cosa sentissero in realtà, per me erano tutti compagni del momento migliore. Spettatori inconsapevoli della mia corsa alla ricerca di un dove positivo e pieno di promesse. Lentamente il brontolio dei miei pensieri si attutiva placandosi infine e la mente tornava quieta. E questo percorso verso il sereno è un luogo in cui possa rifugiarmi sempre se qualche tempesta si accosta al mio orizzonte.

giovedì 29 agosto 2013

Una sfumatura di verde

Quante sfumature di verde esistono? Non so rispondere, ma devono essere tante, tante quante sono le specie vegetali che germogliano sulla terra. Correvo tra i campi e tra me e me elencavo: il verde dell'erba, il verde delle fronde degli alberi, il verde dell'edera, il verde delle risaie....Talmente immersa in quel panorama luminoso della campagna estiva che mi sembrava di essere ciò che gli occhi guardavano: campo coltivato, ciuffi d'erba scompigliata dal vento, pianta rampicante, albero che sbatacchia al sole i suoi rami, lago che riflette le nuvole. Tra un respiro affannoso e l'altro visitavo la natura circostante. Solo quell'indolenzimento delle gambe, quella fatica ad avanzare, quel fiatone che saliva alle orecchie mi riportavano prepotentemente alla realtà. La mente distolta lentamente dall'ambiente mi obbligava di nuovo ad essere corpo che ansima affaticato verso la meta. Passo dopo passo, sforzo dopo sforzo, quindi ho abbandonato questo piccolo angolo di pace. Che bello però sentirsi per qualche minuto una sfumatura di verde.


lunedì 26 agosto 2013

Al Passo della Rossa

Camminavamo sotto la protezione di un cielo blu sporcato qua e là da velate nuvole bianche e di un sole caldo e accogliente. Il sentiero era ripido, il fiato era corto. Salivamo su erti tornanti che ci distanziavano velocemente dai manti erbosi. L'ambiente diveniva lentamente più aspro. Le rocce rosse erano un'ampia pavimentazione da percorrere con destrezza al cospetto di cattedrali di pietra che si stagliavano come saggi osservatori di noi piccole creature curiose. Ecco scorgere in quel deserto di roccia un angolo quasi sacro. Omini di sassi disposti in cerchi. Percepivamo la magia dell'incanto di quella vista. Lì albergava lo spirito della pace. Di lì a poco ecco piccoli e limpidi laghetti. L'entusiasmo rallegrava lo spirito, ma la severità dell'ambiente non consentiva un atteggiamento trasognato. Ogni passo richiedeva cura e attenzione. La superbia delle montagne che proteggono le proprie bellezze nei recessi dei loro scrigni rocciosi esige fatica, sudore e timore. Ma è un prezzo che si paga volentieri quando i sensi esultano alla vista del loro spettacolo. Eccoci al Passo della Rossa ed ecco la visione sottostante di due perle: turchesi laghi alpini si adagiavano morbidamente, abbracciati da una cinta rocciosa, sullo sfondo la corona delle alpi. Ho amato quell'istante. Su un cucuzzolo  un ragazzo godeva in solitudine di  quella visione immensa facendo suo quella piccola parte selvaggia di mondo. Il mio occhio catturava in un istante infinito la comunione spirituale tra uomo e natura. Il percorso proseguiva, aspro e disagevole. La montagna è una madre severa. Un'altra gemma al Passo di Crampiolo: un laghetto argentato tra le rocce  e un timido accenno di ghiacciaio. Una visione che dava sollievo alla stanchezza che cominciava ad affiorare. La discesa era lunga e difficile. Nevai si  alternavano a massi di roccette e infine una ripida e franosa pietraia. Sono solo una camminatrice  amante della natura. Non sconfino nei recessi della montagna. I miei piedi si fermano dove un silenzioso divieto lo impone. Eppure ero lì e in alcuni momenti desideravo non esserlo. Quella pietraia sembrava interminabile. I miei passi timorosi franavano. Il terreno era diventato insidioso. Ogni spostamento sembrava procurare un cedimento. I sensi percepivano ogni leggero smottamento e il rollio dei sassi che scivolavano rapidi a valle. Abbiamo deciso di spostarci verticalmente tra le roccette per alcuni metri. E' stata un'avventura simbolica: gli ostacoli, la paura, il disagio, il timore di non farcela, la tenacia del mio compagno, il suo incoraggiamento, la sua forza nello spronarmi: "ce la puoi fare, lo stai facendo, un passo alla volta, come nella vita amore mio, un passo alla volta e si arriva". Aveva ragione, siamo arrivati finalmente al piedi di quella ripida scarpata e la vista rassicurante del lago Devero ha placato ogni ansia. Gli ostacoli si superano e non bisogna mai perdere la speranza, perchè poi alla fine  è così che si ottengono i risultati. E di tutte le escursioni fatte quella più difficile è quella che mi porterò dentro per le emozioni violente che mi ha procurato. La montagna è questo, è l'emozione forte che trattiene l'anima ogni giorno e che sgorga come una cascata impetuosa quando trova uno sbocco libero. E' l'emozione che ti ricorda che sei vivo.

La pioggia

Il cielo è di piombo. Scuro e minaccioso mi chiude in una sfera grigia che rulla veloce nelle strade ed io prigioniera corro dentro il suo ventre. Le gocce fredde scendono improvvise, molteplici, sferzanti sul volto, i capelli, il corpo. Il capo è chino. Il passo accelera, gli occhi sono bassi, l'anima muta. Poi uno svolazzare leggero d'ali mi distrae, levo lo sguardo e il metallo si trasformava in luce immensa, sento l'odore di terra bagnata e l'energia del vento combinarsi con quella della pioggia. Vedo le fronde degli alberi danzare e animarsi. La sfera si scioglie in energia vitale che mi libera e mi elettrizza. Corro più veloce, il cuore palpita, l'aria frizzante increspa la mia pelle. Sono viva, sono viva. Io sono nella natura e la natura è in me.

domenica 25 agosto 2013

Io corro tra le nuvole

Le nuvole scorrono veloci nel cielo: ombre grigie e bianche, pallide vesti di fantasmi che scivolano sulla mia testa, si dissolvono, si confondono, si ricompongono. Sprazzi di turchese lampeggiano tra il ballo convulso di cumuli di vapore. Ed io qui, minuscola creatura terrena, corro pestando i piedi contro l'asfalto caldo. Il mio corpo è teso verso una destinazione indefinita vuole essere nell'aria, scansare le nuvole e cercare la compagnia serena dell'azzurro. Corro e mi tendo verso il vento che gioca col mio corpo, lo trascina lo contrasta lo sferza dolcemente. Io corro e sono sorella delle nuvole, il mio fiato grosso si scioglie, il dolore mi dà vita, io sono vita e il sangue scorre fluido, i polmoni si riempono di cielo. Gli alberi danzano nel vento e il verde dei prati colora i miei occhi. Il sudore scende nella fronte ed io corro, i muscoli sono rigidi ed io procedo, le gambe sono affaticate ed io vado avanti. Io corro e la malinconia è caduta nell'asfalto. Il cielo è ora più alto, non lo raggiungo, il sole è più caldo, mi acceca. Il mio corpo è stanco e la mia mente è libera. Ora è tempo di tornare a casa.