Qualche settimana fa mi chiedevo cosa
mi spingesse a correre con così tanta costanza e impegno, nonostante
la fatica, lo sforzo e un persistente dolore muscolare che non
accenna a diminuire. Lo sapevo bene quale fosse il motivo, ma oggi,
dopo l'ennesima delusione, la ragione si para più evidente che mai
nella mia mente: è perché appartengo alla schiera di coloro che la
crisi ha privato di un lavoro e la situazione sembra aver raggiunto
un pauroso momento di stallo. Ogni giorno animata da speranze accendo
il mio pc e rispondo a tutti gli annunci che hanno attinenza col mio
profilo, e anche a quelli che di attinenza ne hanno meno. Cerco le
offerte, le aziende, cerco un riflesso di me stessa tra le competenze
richieste in tutti gli annunci finti e veri che vengono pubblicati.
Questo lavoro quotidiano sembra appartenere ad un girone infernale,
perché non si può fare a meno di svolgerlo, bisogna pur scovare
questo lavoro da qualche parte, senza averne tuttavia alcun riscontro
utile, solo delusioni. Allora ho abbracciato la corsa per
attribuirmi da sola un valore, dato che la disoccupazione fa sentire
molto deprezzati: essere uno dei milioni di individui che cerca un
posto nel mondo sgomenta e avvilisce. Cerco con le mie scarpette
fucsia traguardi certi e gratificanti che dipendono solo e soltanto
da me, senza la concessione di nessun altro. E' una piccola via di
fuga che mi accompagna in questo percorso a volte psicologicamente
faticoso, in cui è difficile in alcuni giorni non perdere la stima
di sé e l'ottimismo. A volte capisco come ci si deve sentire al
fatidico muro del maratoneta, quando il corpo è
in sofferenza e si ha voglia di fermarsi e rinunciare.
Ma non si
deve.
Bisogna spingere le gambe un passo dopo l'altro verso il
traguardo.
Spero che la filosofia della corsa mi
aiuti sempre a superare i muri che ostacolano i traguardi della vita.
Nessun commento:
Posta un commento