Il primo insegnamento della mia maratona
è che per quanto tu ti possa preparare a quello che affronterai e immaginare quello che sentirai, la realtà ti
sorprenderà sempre, sostituendosi prepotentemente alla fantasia nel bene e nel
male. Oggi ripensando all’esperienza di ieri, le prime parole che mi sgorgano
dal cuore e che mi fanno salire le lacrime agli occhi sono: Firenze sei dannatamente
bella, ma quanto mi hai fatto soffrire!
Credo che ti amerò per sempre.
Ho affrontato il percorso
iniziale della maratona con un passo molto lento, come avevo programmato e
stranamente non mi sono fatta contagiare
dall’eccitazione della partenza. Ho perso quasi immediatamente gli amici del
mio gruppo, ma questo mi ha permesso di correre
per circa 8 km con i MaratonAbili! Sentire la loro energia, il calore della
gente, l’allegria che sprigionavano così contagiosa e palpabile mi ha riempita
di gioia! E’ stato un onore correre un pezzo della mia maratona con loro.
Al parco delle Cascine ho aumento
naturalmente il ritmo. Ero libera dai pensieri, concentrata, completamente
assorta dalla strada e dal ritmo composto di chi mi affiancava. Ho raggiunto i
palloncini blu dei pacer delle 4h.30. Da questo momento in poi della gara loro sono
diventati il mio riferimento. Li supero
e continuo il mio percorso, dopo qualche chilometro raggiungo Palazzo Pitti. So
che a breve incontrerò Piero e non vedo l’ora, sono emozionata. Il pubblico
fiorentino è generoso, incita con calore e i bambini ci danno il cinque. Corro
e sono felice! E poi vedo Piero , Maria e Teresa. E’ una festa! Bacio Piero,
lui mi segue per qualche metro dicendomi che gli altri del gruppo sono avanti solo
di 100 metri. Affianco di nuovo l’Arno, sono leggera! Sento improvvisamente
qualcuno dietro le transenne chiamarmi: è Lucia! La moglie di un’amico del
gruppo Avis Locate. Un altro momento di gioia che mi viene regalato. L’emozione
mi ha portato ad aumentare il passo, mi costringo a riprendere il mio ritmo
blando.
Raggiungo la mezza maratona e
mi faccio da sola i complimenti. Me ne frego di quanto impiegherò, ho caldo ma
non ho dolori e la gara è ancora lunga.
Percorro un lungo viale e mi
sembra di scorgere da lontano un podista che assomiglia a Fabio, un amico del
mio gruppo, lo voglio raggiungere. Aumento il passo, ma poi decido di lasciar
perdere e di godermi la gara con le centinaia di persone che sono intorno a me.
In fin dei conti non ero sola.
25mo km. La stanchezza inizia a
manifestarsi, ho caldo e desidero con tutto il cuore che piova. Mi domando
perché non ho lasciato a Piero il mio gilet. Vedo un altro mio amico, Antonio, a 50 metri davanti a me. Lo raggiungo, ci
scambiamo poche parole, affrontiamo insieme una breve salita e poi ci dividiamo
nuovamente. Resto concentrata, ma la stanchezza è sempre più evidente. I pacer
delle 4h.30 sono poco dietro di me. Sento le loro simpatiche voci con accento
fiorentino incitare il gruppo a pieni polmoni per infondere energia. Mi rendo
conto, a quel punto della gara, che ho bisogno di un sostegno morale per
arrivare alla fine. Resto davanti al gruppo ma non troppo per non perdere il
contatto uditivo. Le loro voci diventano la mia energia.
30mo km. Il pacer urla: la
maratona è finita, ora inizia il vostro allenamento. Ok? LA MARATONA E’ FINITA,
ORA INIZIA IL VOSTRO ALLENAMENTO. IL PEGGIO E’ PASSATO. Lo ripete e io ci credo. Adesso se ci penso mi
commuovo! Arriva finalmente il cavalcavia che temevo tanto di 150 metri di
dislivello. Sento i trainer urlare di non ridurre la velocità, ma la lunghezza
del passo e ancora NON VOGLIO SENTIRE AFFANNO, NON VOGLIO SENTIRE AFFANNO.
Supero la salita senza problemi e senza affanno. Sono gasata, tutti insieme ci
lasciamo andare nella discesa in scioltezza. Un altro momento di gioia! Mi
sento bene, devo arrivare al 35mo.
Supero i pacer ma la brillantezza
dell’euforia cede di nuovo alla stanchezza. Al 35mo km mi sforzo di bere e di mangiare
un pezzo di banana. Seguo nuovamente i palloncini blu, ma ho perso lo smalto,
la testa si ribella e inizia la sofferenza, soprattutto mentale.
Mi ripeto che devo arrivare al
38mo km e assurdamente mi convinco che
lì c’è l’ultimo ristoro. “No cara- mi dice gentilmente il pacer, il prossimo è
al 40mo km, ma stai tranquilla”. Non so perché ma la mia forza a quel punto
dipendeva da quel ristoro e il fatto che non ci fosse è’ bastato a mandarmi in
crisi. Improvvisamente ogni km si è dilatato divenendo incommensurabile. Mi
giro verso la guida delle 4h.30, e gli dico:”Non ce la faccio più” Lui mi
risponde: “Non dirlo. Piuttosto non allungare, non superarci, resta dietro”. Mi
viene in mente il mio amico Emilio che mi
dice sempre che supero la linea di sorpasso e improvvisamente mi viene da
piangere. Veramente non ce la facevo più e mancavano ancora 5 km e 195 metri!
Inoltre il 39mo km sembrava non arrivare mai. Improvvisamente la bellezza di Firenze
mi è sembrata fuori luogo rispetto al mio stato d’animo. Corro e arrivo al 40mo
km. Lascio andare il gruppo delle 4h.30. Al ristoro ho la nausea alla vista
della frutta. Mi sforzo di bere un po’ d’acqua e riprendo a correre. Corro, ma
la mente non è più concentrata, è sofferente
e io ho voglia di piangere. Scorgo il Duomo e mi arrabbio. Dov’è l’emozione
e la gioia che mi avevano promesso?Sono indifferente alla bellezza dei
monumenti, sento forte il desiderio di fermarmi e alla fine cedo. Inizio a
camminare con l’amarezza di vedermi sorpassare. Una ragazza mi sfiora e mi
dice: “Forza”, ma ottiene l’effetto contrario. Mi sento uno spettro, guardo
altri podisti che camminano, e altri in preda ai crampi. Una voce dentro di me
mi dice di riprendere a correre:”non hai scuse, non hai crampi e nemmeno dolori
insopportabili,corri”. Ho ripreso a muovere qualche passo, ma poi mi sono
fermata di nuovo e ho ripreso a camminare. Quello che mi ha dato veramente la forza è stato il pensiero di Piero che mi
aspettava e il l’idea di farmi vedere arrivare
alla fine della mia maratona camminando! L’orgoglio ha dato energia al mio
corpo e lentamente, molto lentamente, ho raggiunto correndo Piazza Santa Croce.
Sono i metri di corsa di cui sono più orgogliosa di tutta la mia maratona. Ho
visto Piero esultante e stavo per piangere, questa volta di gioia. Ho superato
il traguardo completamente frastornata con due soli desideri: abbracciare Piero
e prendere la mia sudata medaglia.
Dedico questa maratona con tutto
il cuore a Piero, che mi ama e che io ricambio mille volte. Ringrazio inoltre il mio amico Emilio che da
Milano ha tifato per me e per i suoi consigli che mi sono rimbalzati nella
testa fin dal primo chilometro. Infine ringrazio me stessa per avercela fatta!