lunedì 1 dicembre 2014

Firenze, la mia prima maratona

Il primo insegnamento della mia maratona è che per quanto tu ti possa preparare a quello che affronterai  e immaginare quello che sentirai, la realtà ti sorprenderà sempre, sostituendosi prepotentemente alla fantasia nel bene e nel male. Oggi ripensando all’esperienza di ieri, le prime parole che mi sgorgano dal cuore e che mi fanno salire le lacrime agli occhi sono: Firenze sei dannatamente bella,  ma quanto mi hai fatto soffrire! Credo che ti amerò per sempre.
Ho affrontato il percorso iniziale della maratona con un passo molto lento, come avevo programmato e stranamente non  mi sono fatta contagiare dall’eccitazione della partenza. Ho perso quasi immediatamente gli amici del mio gruppo, ma questo mi ha permesso  di correre per circa 8 km con i MaratonAbili!  Sentire la loro energia, il calore della gente, l’allegria che sprigionavano così contagiosa e palpabile mi ha riempita di gioia! E’ stato un onore correre un pezzo della mia maratona con loro.
Al parco delle Cascine ho aumento naturalmente il ritmo. Ero libera dai pensieri, concentrata, completamente assorta dalla strada e dal ritmo composto di chi mi affiancava. Ho raggiunto i palloncini blu dei pacer delle 4h.30. Da questo momento in poi della gara loro sono diventati  il mio riferimento. Li supero e continuo il mio percorso, dopo qualche chilometro raggiungo Palazzo Pitti. So che a breve incontrerò Piero e non vedo l’ora, sono emozionata. Il pubblico fiorentino è generoso, incita con calore e i bambini ci danno il cinque. Corro e sono felice! E poi vedo Piero , Maria e Teresa. E’ una festa! Bacio Piero, lui mi segue per qualche metro dicendomi che gli altri del gruppo sono avanti solo di 100 metri. Affianco di nuovo l’Arno, sono leggera! Sento improvvisamente qualcuno dietro le transenne chiamarmi: è Lucia! La moglie di un’amico del gruppo Avis Locate. Un altro momento di gioia che mi viene regalato. L’emozione mi ha portato ad aumentare il passo, mi costringo a riprendere il mio ritmo blando.
Raggiungo la mezza maratona e mi faccio da sola i complimenti. Me ne frego di quanto impiegherò, ho caldo ma non ho dolori e la gara è ancora lunga.
Percorro un lungo viale e mi sembra di scorgere da lontano un podista che assomiglia a Fabio, un amico del mio gruppo, lo voglio raggiungere. Aumento il passo, ma poi decido di lasciar perdere e di godermi la gara con le centinaia di persone che sono intorno a me. In fin dei conti non ero sola.
25mo km. La stanchezza inizia a manifestarsi, ho caldo e desidero con tutto il cuore che piova. Mi domando perché non ho lasciato a Piero il mio gilet. Vedo un altro mio amico, Antonio,  a 50 metri davanti a me. Lo raggiungo, ci scambiamo poche parole, affrontiamo insieme una breve salita e poi ci dividiamo nuovamente. Resto concentrata, ma la stanchezza è sempre più evidente. I pacer delle 4h.30 sono poco dietro di me. Sento le loro simpatiche voci con accento fiorentino incitare il gruppo a pieni polmoni per infondere energia. Mi rendo conto, a quel punto della gara, che ho bisogno di un sostegno morale per arrivare alla fine. Resto davanti al gruppo ma non troppo per non perdere il contatto uditivo. Le loro voci diventano la mia energia.
30mo km. Il pacer urla: la maratona è finita, ora inizia il vostro allenamento. Ok? LA MARATONA E’ FINITA, ORA INIZIA IL VOSTRO ALLENAMENTO. IL PEGGIO E’ PASSATO.  Lo ripete e io ci credo. Adesso se ci penso mi commuovo! Arriva finalmente il cavalcavia che temevo tanto di 150 metri di dislivello. Sento i trainer urlare di non ridurre la velocità, ma la lunghezza del passo e ancora NON VOGLIO SENTIRE AFFANNO, NON VOGLIO SENTIRE AFFANNO. Supero la salita senza problemi e senza affanno. Sono gasata, tutti insieme ci lasciamo andare nella discesa in scioltezza. Un altro momento di gioia! Mi sento bene, devo arrivare al 35mo.
Supero i pacer ma la brillantezza dell’euforia cede di nuovo alla stanchezza. Al 35mo km mi sforzo di bere e di mangiare un pezzo di banana. Seguo nuovamente i palloncini blu, ma ho perso lo smalto, la testa si ribella e inizia la sofferenza, soprattutto mentale.
Mi ripeto che devo arrivare al 38mo km e assurdamente mi convinco  che lì c’è l’ultimo ristoro. “No cara- mi dice gentilmente il pacer, il prossimo è al 40mo km, ma stai tranquilla”. Non so perché ma la mia forza a quel punto dipendeva da quel ristoro e il fatto che non ci fosse è’ bastato a mandarmi in crisi. Improvvisamente ogni km si è dilatato divenendo incommensurabile. Mi giro verso la guida delle 4h.30, e gli dico:”Non ce la faccio più” Lui mi risponde: “Non dirlo. Piuttosto non allungare, non superarci, resta dietro”. Mi  viene in mente il mio amico Emilio che mi dice sempre che supero la linea di sorpasso e improvvisamente mi viene da piangere. Veramente non ce la facevo più e mancavano ancora 5 km e 195 metri! Inoltre il 39mo km sembrava non arrivare mai. Improvvisamente la bellezza di Firenze mi è sembrata fuori luogo rispetto al mio stato d’animo. Corro e arrivo al 40mo km. Lascio andare il gruppo delle 4h.30. Al ristoro ho la nausea alla vista della frutta. Mi sforzo di bere un po’ d’acqua e riprendo a correre. Corro, ma la mente non è più concentrata, è sofferente  e io ho voglia di piangere. Scorgo il Duomo e mi arrabbio. Dov’è l’emozione e la gioia che mi avevano promesso?Sono indifferente alla bellezza dei monumenti, sento forte il desiderio di fermarmi e alla fine cedo. Inizio a camminare con l’amarezza di vedermi sorpassare. Una ragazza mi sfiora e mi dice: “Forza”, ma ottiene l’effetto contrario. Mi sento uno spettro, guardo altri podisti che camminano, e altri in preda ai crampi. Una voce dentro di me mi dice di riprendere a correre:”non hai scuse, non hai crampi e nemmeno dolori insopportabili,corri”. Ho ripreso a muovere qualche passo, ma poi mi sono fermata di nuovo e ho ripreso a camminare. Quello che mi ha dato veramente  la forza è stato il pensiero di Piero che mi aspettava e il l’idea  di farmi vedere arrivare alla fine della mia maratona camminando! L’orgoglio ha dato energia al mio corpo e lentamente, molto lentamente, ho raggiunto correndo Piazza Santa Croce. Sono i metri di corsa di cui sono più orgogliosa di tutta la mia maratona. Ho visto Piero esultante e stavo per piangere, questa volta di gioia. Ho superato il traguardo completamente frastornata con due soli desideri: abbracciare Piero e prendere la mia sudata medaglia.
Dedico questa maratona con tutto il cuore a Piero, che mi ama e che io ricambio mille volte.  Ringrazio inoltre il mio amico Emilio che da Milano ha tifato per me e per i suoi consigli che mi sono rimbalzati nella testa fin dal primo chilometro. Infine ringrazio me stessa per avercela fatta!


mercoledì 9 luglio 2014

Pavido cuore


Ho il dovere di andare, perseverare, viaggiare, oltrepassare strade, occhi, mani, reticenze, divieti, ostacoli apparenti. Pavido cuore che tremi e ti sgomenti batti sereno il tuo ritmo, portami lontano, dove il desiderio vuole arrivare. Non lasciarmi ferma esposta all'agguato del dubbio, fammi correre spedita senza freni. Se solo indugiassi un istante di troppo, un giudizio, una critica, uno sguardo beffardo, fantasmi della mente, nasconderebbero il mio sentiero. La mia meta è dove riposa la luce, la vita, portami dove la speranza rischiara la notte con fiaccole di sogni.

venerdì 6 giugno 2014

A mia madre


Sono qui, corro, sono un puntino minuscolo che ti cerca tra le innumerevoli stelle del cielo.
Ti ho persa, o tu mi hai dimenticata?
Ritroviamoci nel vento delle montagne che a spirali porta verso l'universo e in un vortice d'aria uniamoci in un abbraccio. Senti il mio cuore che batte, senti il mio calore? Sono qui e tu pure, in una dimensione sola nostra. Guarda com'è bella la notte, com'è blu l'ombra che si posa sul mondo e il riflesso argentato della luna sulle rocce. I tuoi occhi mi feriscono. Traboccano di un amore immenso che quasi non sopporto. Non parliamo, teniamoci strette. L'abbraccio dei nostri spiriti annulli le distanze e il vuoto. Lasciamo che l'istante diventi eternità e che l'eternità diventi un mare fluttuante di stelle.  

giovedì 29 maggio 2014

Libertà

Spesso corro su terreni lisci, senza asperità, morbidi, e il vento, con le sue braccia fatte d'aria, spinge dolcemente avanti il mio corpo. In quei momenti di apparente tranquillità io non sento libera. La corsa è come i miei giorni: se sono facili e piatti sono colmi di paure in agguato, che giganteggiano sulla mia testa come nuvole metalliche ferme e basse. Ciò che spezza la quieta e strisciante quotidianità è invece un lampo che fa rimbalzare la mia apatia, è un vento impetuoso che scatena la tempesta, ma libera il cielo delle nubi più cupe, perché io torni ad esistere. Vorrei raggiungere quella collina lassù, pare che offra una vista indimenticabile, sono attratta dalla pendenza, mi affascina l'idea affrontarla di petto, di sentirmi invincibile mentre la percorro. Mi lancio alla conquista di quella salita e le gambe sembrano forti e io sono diversa: determinata, sprezzante e arrabbiata. Sento un fardello che mi cinge la vita e  io lo detesto con tutte le mie forze. Desidero scrollare via da me l'affanno, via la sofferenza, via i pesi che mi vogliono costringere! Più è faticoso il terreno, più ripida la salita, più forte è la spinta in avanti per procedere. E so che quell'odioso peso che mi stringe è dentro il mio cuore e che è da lui che devo scappare. Se solo avanzando riuscissi a liberarmi finalmente, se allo stremo dell'ultimo respiro riuscissi ad essere me stessa senza ombre ….e così avanzo e procedo, e corro, devo farcela, devo spezzare quella corda che mi tiene, devo liberarmi. Il respiro è così affannoso che non so controllarlo e il cuore palpita sino alle orecchie, il viso è bollente. Sono sfinita, ma ora sono felice. Sono in cima e i fardelli sono rotolati giù. Da qui la vista è un orizzonte infinito di mille sfumature e la mia anima è pura.

mercoledì 7 maggio 2014

Il mosaico della mia volontà


Il mio spirito è una grotta ignota, inesplorata. Non dispongo delle sue risorse, alcune le ho dimenticate, altre credo di non conoscerle affatto. Quando corro si apre una via che dalle viscere del mio corpo mi conduce ad una forza misteriosa. Nel procedere dei chilometri, nel sapore amaro della fatica trovo i pezzi di mosaico della mia volontà. Vorrei estrarli frammento per frammento e ricomporre un'immagine chiara di un volto, che abbia la fierezza di uno sguardo che non vacilla, di una fermezza intima che non si piega. Il mio nuovo volto.
Corro ed è paradossalmente la sofferenza che mi conduce avanti sicura e sfrontata. La fatica è un nucleo di energia attraverso cui io procedo diritta incontro la mia anima, spalancando un varco verso l'audacia e il coraggio. Solo correndo sento che posso farcela. E la fatica ostile mi è amica, consumandola io vivo me stessa come non mai.

mercoledì 23 aprile 2014

Il rumore assordante della salita



Si spalanca sopra le nostre teste un cielo di nuvole bianche, il sentiero si ramifica in lingue di viottoli che si dipartono in tornanti che conducono in cima alla collina.
L'aria è una carezza ruvida sul viso, che increspa la pelle e fa girare la testa. 
Sono concentrata in un movimento dinamico di spinta: condurre le gambe in avanti e su in alto, cercando nei muscoli una fluidità priva di sforzo. Uomini e donne mi incrociano e altri mi superano, passano accanto come colori sfocati che transitano brevemente nel mio campo visivo. Corrono con le loro magliette bagnate di sudore, apparentemente senza avvertire fatica.
I miei muscoli si contraggono dolorosamente, la salita fa un rumore assordante: è il mio respiro che non si calma, è affrettato, troppo e mi rimbomba nel cuore e nelle orecchie. Le mie braccia dondolando, mi aiutano ad affrontare l'ultima pendenza. Si ricomincia poi da capo, discesa, ripida veloce e di nuovo salita in alto, lentamente e inesorabilmente, poi di nuovo giù e quindi l'ultima corsa verso la cima.

Le guance sono accese e il cuore riprende il battito normale, l'imbrunire della sera scende malinconicamente nel parco e con esso il momento di tornare a casa.  

lunedì 14 aprile 2014

Lampi di giallo


Le onde del vento si propagano come note sull'erba verde fino a raggiungere il colore intenso dei campi di colza lucenti. Sembra una lingua che si distende nell’orizzonte tingendo di giallo il confine che separa la terra dal turchese del cielo. E’ dolce il profumo dei biancospini dietro di noi, alti grovigli punteggiati di piccole girandole candide. Intorno lampi di giallo: fiori, sole, campi. Io e te. Insieme, il mio fiato nel tuo fiato, il tuo passo nel mio passo, silenzi carichi di sensazioni che fluttuano come una corrente invisibile tra di noi. Seguo le tue spalle ondeggiare, poi ti volti e sorridi, sincero, sicuro e sereno. Ti amo. E' una certezza che si tuffa ogni giorno nel cuore, un lampo di giallo nel verde. Ti amo, anche se non c’è poesia negli occhi che ci scrutano. Siamo noi la melodia, il poema, la sceneggiatura dei nostri sentimenti, la sfumatura inattesa di colore che rende unico il nostro amore.

giovedì 20 marzo 2014

Primavera


Primavera sei la mia speranza, il mio sospiro di gioia e la mia gratitudine.
Vibra il tuo risveglio nel mio animo. Mi dà coraggio. Lasciami entrare dentro di te, nella tua linfa, nella tua forza, nella tuo misterioso e silenzioso operare. Tu sei la bellezza cui non posso abituarmi, l'incanto che ammutolisce, il germoglio che sospende i miei pensieri. Offrimi una goccia della tua energia potente e gentile. Voglio essere un riflesso di te in ogni mio gesto.

giovedì 6 marzo 2014

Venti minuti


Venti minuti è la mia nuova partenza. Ricomincio da qui, come ho sempre fatto tutti gli anni con l'arrivo della primavera. Quest'anno però è diverso. L'inverno non è stato un periodo di pausa, ma di duro allenamento che mi ha stancata, anche psicologicamente. Ho corso con la compagnia del freddo, quello che s'insinua nella pelle facendola rabbrividire. Spesso la nebbia umida ha reso i miei percorsi panorami irreali e inquietanti, dai quali ho desiderato fuggire. Altri giorni la pioggia proveniente da un cielo bianco sporco, ha bagnato sentieri di alberi nudi e secchi, prati anonimi e strade divenute tristi e monotone. Ho corso qualche volta sola, nei tardi pomeriggi, fino al sopraggiungere del buio, desiderando di finire presto, chiedendomi se avevo percorso chilometri a sufficienza. Ho corso con gli amici nelle campagne addormentate, nelle quali i lunghi tratti si sono trasformati in una dimensione irreale: infiniti tunnel senza pensieri, dove era visualizzata solo la strada da percorrere, la negazione dello sforzo e il controllo del respiro. La fatica ha elevato il mio spirito. Non ho voluto cedere, anche se gli ultimi allenamenti hanno iniziato a pesarmi. Dovevo andare avanti. L'obiettivo della maratona era vicino. Ancora uno sforzo e l'avrei raggiunto. La testa però non può decidere senza il consenso del corpo. Così la pausa che non ho avuto il coraggio di prendere da sola l'ha presa il mio fisico perentoriamente da sé, bloccandomi con un'infiammazione ad un tendine. Stop. Fine degli allenamenti, dei programmi, delle mete, della maratona. Riposo dalla corsa. Sollievo e dispiacere. Delusione e godimento. Comunque decidessi di vivere la situazione non ho avuto scelta. Dovevo stare ferma. Ogni volta che tentavo di riprendere il corpo diceva no. Rispetta i tempi!
L'ho fatto.
Ho ripreso dopo una pausa di poche settimane, timidamente. Inizialmente le mie sessioni di corsa sono state della durata di soli venti minuti. Ho aumentato poi il tempo, ma non il passo. Corro lievemente, pesando con estrema gentilezza sui miei arti, e respirando la primavera che cresce ogni giorno di più. E mi riapproprio della corsa, nel modo sano che avevo dimenticato.

mercoledì 26 febbraio 2014

Che assurda poesia



Chi corre lo sa.
Conosce bene quello sfarfallio che parte dal cuore e ti vuole spingere avanti.
E' difficile reprimerlo, non assecondarlo, vuoi cedere, lasciarti andare e librarti nel movimento, il tuo, quello dettato dal tuo corpo.
La gioia della corsa, la stessa che si ha da bambini, quando tutto è colore vivido, spensieratezza, esuberanza, trepidazione. Quando giochi col vento e ti diverte che sia così forte e sibilante! Che felicità lasciarsi travolgere! Far girare le gambe assecondando l'aria frizzante, veloce, brillante. Avere poi il fiato grosso, percepire il cuore battere come un tamburo e fermarsi, faccia rivolta alle nuvole e al sole tiepido della primavera. Sentirsi tremendamente, incomprensibilmente felici, perché l'aria è colma di promesse, e ti credi sciocco, perché pensi di sorridere intimamente, ma le tue labbra sono piegate all'insù e la gente che passa ti guarda con sospetto.
Correre e infatuarsi in un istante di un tramonto struggente che ferma il tempo e il tuo sguardo. E quell'attimo è tuo, esclusivo, meraviglioso, intenso, appassionante, commovente, solo tuo. Quando esci dalla tua mortalità e per un istante sei una particella d'infinito.
Correre. Che assurda poesia.

mercoledì 12 febbraio 2014

Una sospensione tra terra e cielo


Sono passate alcune settimane dall'ultima volta che ho potuto correre.
Un'infiammazione al ginocchio ha interrotto i miei allenamenti e la corsa per il momento è una dimensione che non mi appartiene.
La osservo dall'esterno.
Spesso, in qualsiasi ora del giorno, mi accade di incrociare o veder sbucare dall'altro lato della strada un podista.
Non posso fare a meno per qualche istante di entrare nella sua “sfera”.
Avverto il suo fiato, lo sforzo della sua respirazione, la contrazione dei suoi muscoli e la sua fatica. Osservo il suo sguardo diritto, perso nel suo orizzonte personale.
Il runner procede verso una destinazione, un circuito, uno spazio fisico e temporale dove si svolge e si frammenta una ricerca per il superamento della sofferenza e il raggiungimento della sublimazione del corpo. Questi, allora, diventa un'armoniosa catena in movimento, che acquista velocità in perfetto sincrono con il respiro, la dinamica muscolare e la purificazione della mente.
É una condizione che può durare molti minuti o una manciata di secondi e a volte non la si raggiunge, ma è ad essa che mira ogni corridore: un volo frammentato, una sospensione tra terra e cielo contrastato dalla gravità, a sua volta impedita dalla volontà di avanzare e di essere liberi.

Questo è ciò avverto in ogni runner e questo è ciò che mi manca.

venerdì 31 gennaio 2014

Quello che conta è correre



Mutevolezza. Trasformazione. Evoluzione.
Sono dentro il divenire di una realtà variabile. Io stessa cambio, adatto e plasmo il mio corpo e lo spirito. Corro, imparo e disimparo, sperimento, sbaglio, cado e ricomincio da capo. Desidero una meta e ne scopro una differente. Conosco il dolore e lo accetto. Capisco i limiti e li rispetto. Decido di percorrere il cammino con i mezzi che ho. Quello che conta è correre.

Adattarmi senza irrigidirmi. Percepire il cambiamento e assecondarlo. Inspirare ed espirare. Rilassarmi, cercando l'armonia del corpo. Voglio dimenticare i parametri, le regole, i falsi bisogni e cercare l'istinto sopito. Io corro per trovare la mia libertà, per sbarazzarmi dei tediosi vincoli mentali e sociali. Non importa dove, per quanto e come. Sola o in compagnia. Quello che conta è correre.

lunedì 27 gennaio 2014

Respirare la montagna


Il cielo terso abbagliava, con la sua intensità turchese, le alte cime bianche che svettavano sopra i tetti delle case. L'aria era fredda e il sole luminoso gettava fasci di luce, ostacolati a tratti dalle creste rocciose. E' stato entusiasmante respirare la montagna, di nuovo. Sentire il suo odore, percepire l'aria profumata di neve. Camminare e godere del fluire leggero dell'aria fresca, tersa e benefica dentro di me. Osservare ancora i torrenti scorrere sotto ponti di neve, il lago ghiacciato conservare il suo bagliore argentato in una gelida posa. E ancora, e soprattutto, godere della compagnia del mio compagno, dei miei amici e delle parole scambiate. Io amo da sempre camminare tra i sentieri di montagna perché migliora la mia umanità e il mio senso di appartenenza alla vita. In mezzo alla natura anche un sasso che guarda al cielo acquista un valore profondo, come non potrebbe esserlo un pensiero condiviso, un sorriso, una confidenza? Il mio spirito è ancora lì serenamente imbrigliato tra cappelli di panna di neve poggiati sui massi rocciosi, tra le opere ghiaccio lavorate dal vento e una risata gioiosa che sgorga limpida nel cielo azzurro.

lunedì 13 gennaio 2014

Avere fede

Il segreto è applicarsi senza avere pretese. Lasciare che il risultato giunga come un germoglio che nasce spontaneo. Lavorare con fiducia, affidarsi alle proprie risorse senza pensarci troppo, alimentarle solo con la costanza e la perseveranza. Avere fede. E' il segreto di qualsiasi atto che compiamo, espressione di amore per la vita.

La vera difficoltà, in realtà, non è lavorare, allenarsi o impegnarsi, ma sradicare il dubbio e l'insicurezza. Far tacere l'insistente voce che pone punti interrogativi ad ogni passo. Per riuscirci occorrono risultati concreti. A volte arrivano inaspettatamente, e proprio tu che ti sei prodigato con fatica, ti sei sforzato per raggiungerli, credendo di essere sempre troppo distante da loro, ne rimani affascinato. Resti ammaliato da te stesso, dal frutto che da solo, con i tuoi soli sforzi sei stato in grado di ottenere. Allora quella voce avversaria e vagamente distruttiva diventa più flebile, meno potente. Avere fede nel lavoro, nell'impegno è l'unico mezzo che si ha per migliorare e credere nelle proprie risorse scoprendole. Ascoltare la voce del fallimento è l'unica via della perdita di sé.

martedì 7 gennaio 2014

Il cuore dell'inverno


Ci sono alberi spogli che guardano le nuvole e passeri appollaiati sui loro rami. Il cielo è pennellato dal vento con i toni del grigio e del turchese. L'inverno soffia aria fredda e i volti sono nascosti da sciarpe e cappelli. La mente ha imparato a tacere e ascoltare. Presta orecchio ai suoni della stagione gelata, a volte furtivi e veloci tra le siepi, altri sfrontati e acuti nel cielo. Sente l'umidità salire dall'acqua e spilli di pioggia punzecchiare il viso. I pensieri accarezzano muti una stagione diffidente che un giorno si raccoglie ostile nella nebbia fitta e l'altro si dischiude nel blu avvicinando lo sguardo alle sagome di montagne incappucciate di ghiaccio e neve. 
I piedi seguono percorsi che indossano i vestiti del freddo. Un sospiro e un passo, un altro ancora, infine correre e ancora correre incontro al cuore dell'inverno.