Sono passate alcune
settimane dall'ultima volta che ho potuto correre.
Un'infiammazione al
ginocchio ha interrotto i miei allenamenti e la corsa per il momento
è una dimensione che non mi appartiene.
La osservo dall'esterno.
Spesso, in qualsiasi ora
del giorno, mi accade di incrociare o veder sbucare dall'altro lato
della strada un podista.
Non posso fare a meno per
qualche istante di entrare nella sua “sfera”.
Avverto il suo fiato, lo
sforzo della sua respirazione, la contrazione dei suoi muscoli e la
sua fatica. Osservo il suo sguardo diritto, perso nel suo orizzonte
personale.
Il runner procede verso
una destinazione, un circuito, uno spazio fisico e temporale dove si
svolge e si frammenta una ricerca per il superamento della sofferenza
e il raggiungimento della sublimazione del corpo. Questi, allora,
diventa un'armoniosa catena in movimento, che acquista velocità in
perfetto sincrono con il respiro, la dinamica muscolare e la
purificazione della mente.
É
una condizione che può durare molti minuti o una manciata di secondi
e a volte non la si raggiunge, ma è ad essa che mira ogni corridore:
un volo frammentato, una sospensione tra terra e cielo contrastato
dalla gravità, a sua volta impedita dalla volontà di avanzare e di
essere liberi.
Questo è ciò avverto in ogni runner e questo è ciò che mi
manca.
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