Chi corre lo sa.
Conosce bene quello
sfarfallio che parte dal cuore e ti vuole spingere avanti.
E' difficile reprimerlo, non assecondarlo, vuoi cedere, lasciarti andare e librarti nel movimento, il tuo, quello dettato dal tuo corpo.
La gioia della corsa,
la stessa che si ha da bambini, quando tutto è colore vivido,
spensieratezza, esuberanza, trepidazione. Quando giochi col vento e
ti diverte che sia così forte e sibilante! Che felicità lasciarsi
travolgere! Far girare le gambe assecondando l'aria frizzante, veloce,
brillante. Avere poi il fiato grosso, percepire il cuore battere come un
tamburo e fermarsi, faccia rivolta alle nuvole e al sole tiepido
della primavera. Sentirsi tremendamente, incomprensibilmente felici,
perché l'aria è colma di promesse, e ti credi sciocco, perché
pensi di sorridere intimamente, ma le tue labbra sono piegate all'insù
e la gente che passa ti guarda con sospetto.
Correre e infatuarsi in
un istante di un tramonto struggente che ferma il tempo e il tuo sguardo. E quell'attimo è tuo, esclusivo, meraviglioso, intenso,
appassionante, commovente, solo tuo. Quando esci dalla tua mortalità
e per un istante sei una particella d'infinito.
Correre. Che assurda poesia.
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