mercoledì 26 febbraio 2014

Che assurda poesia



Chi corre lo sa.
Conosce bene quello sfarfallio che parte dal cuore e ti vuole spingere avanti.
E' difficile reprimerlo, non assecondarlo, vuoi cedere, lasciarti andare e librarti nel movimento, il tuo, quello dettato dal tuo corpo.
La gioia della corsa, la stessa che si ha da bambini, quando tutto è colore vivido, spensieratezza, esuberanza, trepidazione. Quando giochi col vento e ti diverte che sia così forte e sibilante! Che felicità lasciarsi travolgere! Far girare le gambe assecondando l'aria frizzante, veloce, brillante. Avere poi il fiato grosso, percepire il cuore battere come un tamburo e fermarsi, faccia rivolta alle nuvole e al sole tiepido della primavera. Sentirsi tremendamente, incomprensibilmente felici, perché l'aria è colma di promesse, e ti credi sciocco, perché pensi di sorridere intimamente, ma le tue labbra sono piegate all'insù e la gente che passa ti guarda con sospetto.
Correre e infatuarsi in un istante di un tramonto struggente che ferma il tempo e il tuo sguardo. E quell'attimo è tuo, esclusivo, meraviglioso, intenso, appassionante, commovente, solo tuo. Quando esci dalla tua mortalità e per un istante sei una particella d'infinito.
Correre. Che assurda poesia.

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