I clacson, i passi, le urla, il chiacchiericcio, stremano il silenzio, lo avviliscono e lui svanisce e non lo si rammenta più. Accade poi di ritrovarlo in un luogo nascosto, inaspettato, in una nicchia, dove giace la solitudine. Il silenzio è divenuto un estraneo dagli occhi penetranti con cui non si è a proprio agio. Io però lo tengo stretto, quando lo incontro mentre corro, e cerco di ascoltare il suo suono muto che mette soggezione. E così per udire meglio la sua voce vuota i miei piedi battono il terreno con maggiore leggerezza e il respiro si fa più fluido e leggero. La concentrazione riposa sulle mie spalle, non più contratte, e io mi muovo agile come dentro una bolla che rimbalza nell'asfalto.
I chilometri si inseguono e si moltiplicano, il silenzio continua a parlare, fino a che lo ammutolisce il rombo di un motore, poi di una voce vicina e di una lontana, un'altra e un'altra ancora.
I rumori e le luci della città ripopolano i miei sensi.
Corro ancora, ma il silenzio ha cambiato strada, i miei
piedi calpestano l'asfalto, ma il loro rumore io
non lo sento più.
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