lunedì 26 agosto 2013

Al Passo della Rossa

Camminavamo sotto la protezione di un cielo blu sporcato qua e là da velate nuvole bianche e di un sole caldo e accogliente. Il sentiero era ripido, il fiato era corto. Salivamo su erti tornanti che ci distanziavano velocemente dai manti erbosi. L'ambiente diveniva lentamente più aspro. Le rocce rosse erano un'ampia pavimentazione da percorrere con destrezza al cospetto di cattedrali di pietra che si stagliavano come saggi osservatori di noi piccole creature curiose. Ecco scorgere in quel deserto di roccia un angolo quasi sacro. Omini di sassi disposti in cerchi. Percepivamo la magia dell'incanto di quella vista. Lì albergava lo spirito della pace. Di lì a poco ecco piccoli e limpidi laghetti. L'entusiasmo rallegrava lo spirito, ma la severità dell'ambiente non consentiva un atteggiamento trasognato. Ogni passo richiedeva cura e attenzione. La superbia delle montagne che proteggono le proprie bellezze nei recessi dei loro scrigni rocciosi esige fatica, sudore e timore. Ma è un prezzo che si paga volentieri quando i sensi esultano alla vista del loro spettacolo. Eccoci al Passo della Rossa ed ecco la visione sottostante di due perle: turchesi laghi alpini si adagiavano morbidamente, abbracciati da una cinta rocciosa, sullo sfondo la corona delle alpi. Ho amato quell'istante. Su un cucuzzolo  un ragazzo godeva in solitudine di  quella visione immensa facendo suo quella piccola parte selvaggia di mondo. Il mio occhio catturava in un istante infinito la comunione spirituale tra uomo e natura. Il percorso proseguiva, aspro e disagevole. La montagna è una madre severa. Un'altra gemma al Passo di Crampiolo: un laghetto argentato tra le rocce  e un timido accenno di ghiacciaio. Una visione che dava sollievo alla stanchezza che cominciava ad affiorare. La discesa era lunga e difficile. Nevai si  alternavano a massi di roccette e infine una ripida e franosa pietraia. Sono solo una camminatrice  amante della natura. Non sconfino nei recessi della montagna. I miei piedi si fermano dove un silenzioso divieto lo impone. Eppure ero lì e in alcuni momenti desideravo non esserlo. Quella pietraia sembrava interminabile. I miei passi timorosi franavano. Il terreno era diventato insidioso. Ogni spostamento sembrava procurare un cedimento. I sensi percepivano ogni leggero smottamento e il rollio dei sassi che scivolavano rapidi a valle. Abbiamo deciso di spostarci verticalmente tra le roccette per alcuni metri. E' stata un'avventura simbolica: gli ostacoli, la paura, il disagio, il timore di non farcela, la tenacia del mio compagno, il suo incoraggiamento, la sua forza nello spronarmi: "ce la puoi fare, lo stai facendo, un passo alla volta, come nella vita amore mio, un passo alla volta e si arriva". Aveva ragione, siamo arrivati finalmente al piedi di quella ripida scarpata e la vista rassicurante del lago Devero ha placato ogni ansia. Gli ostacoli si superano e non bisogna mai perdere la speranza, perchè poi alla fine  è così che si ottengono i risultati. E di tutte le escursioni fatte quella più difficile è quella che mi porterò dentro per le emozioni violente che mi ha procurato. La montagna è questo, è l'emozione forte che trattiene l'anima ogni giorno e che sgorga come una cascata impetuosa quando trova uno sbocco libero. E' l'emozione che ti ricorda che sei vivo.

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